Il caso dell'infermiera di Lugo mostra come la professione è indifesa

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martelletto giustizia, giudiceNella giornata di oggi mi sono imbattuto sull'articolo della sentenza di assoluzione dell'infermiera di Lugo, non c'erano elementi per condannarla di omicidio e di ergastolo ma nell'attesa della assoluzione ha passato anni in carcere e sotto processo.

La domanda sorge spontanea è stata condannata perchè infermiera, perchè indifisa, per il mero esercizio di potere o per l'uso dei media?

La sentenza di assoluzione è meglio di un giallo, l'infermiera che non piace a nessuno entra in servizio e decide di uccidere con due fiale di Potassio Cloruro, in pieno giorno, con il rischio di essere vista da tutti, un paziente che stava morendo. 

Sembra impossibile, eppure è quello che è stato fatto credere alla giuria che l'ha condannata.

Non avrebbe dovuto fare un giorno di prigione eppure ne ha passati degli anni, immischiata in un processo che potrebbe capitare a chiunque nel momento in cui un parente, in un momento sofferto, senza che nessuno gli dica che il familiare è critico e potrebbe morire decide di accusarti solo perchè sei di turno e gli passi davanti.

L'accusa non aveva prove tangibili, solo le opinioni dei colleghi, la raccolta improvvisata di prove da parte di un direttore infermieristico e una perizia con formule create per l'occasione dato che non dimostravano nulla (formule riviste poi nel 2020).

Il processo era un castello di carte tenuto insieme solo per accusare un' infermiera e nel dubbio sono diventate pubbliche, foto che erano sul cellulare in possesso della procura e degli avvocati. 

Quelle foto unite ai conflitti con i colleghi potevano solo essere la prova di un disagio psichico vicino al disturbo da stress post taumatico.

Il caso

La paziente ricoverata in reparto dopo l'ingresso dal PS, l'imputata vede la paziente per la prima volta ed è in condizioni critiche, il medico è presente e sta dando indicazioni per la terapia e fa un EGA arterioso.

La paziente aveva un CVC in giugulare che non funzionava ed era stato posizionata un agocannula, ora è noto a chi lavora in reparto che 2 fiale di potassio cloruro se diluite in 500 ml in molti pazienti causano un'infusione dolorosa perchè bruciano e le linee guida ne consigliano l'infusione da CVC.

Non è possibile somministrare file di potassio cloruro concentrato per via periferica brucerebbe in un modo assurdo. Infatti gli unici casi di iniezione letale sono stati segnalati sono accaduti in radiologia, per sostituzione con fiale di soluzione fisiologica e dove si utilizza una macchina per fare iniezioni veloci del mezzo di contrasto.

Inoltre, il potassio cloruro in dose letale causa un rallentamento della frequenza del cuore e il medico stesso aveva rilevato un frequenza normale, i sintomi pre mortem erano poi costituiti da sopore e flaccidità. Inoltre, l'EGA non mostrava valori di potassio alterato.

Dopo la morte l'autopsia ha rilevato la presenza di una metastasi cerebrale.

Daniela Poggiali l'ex infermiera di Lugo è stata accusata di omicidio e condannata all'ergastolo e grazie alla divulgazione delle foto anche radiata dall'ordine degli infermieri di Forlì e Cesena.

Le foto messe online sono due, non migliaia, non azioni continue e ripetute, ma un momento, che insieme agli episodi di conflitti con i colleghi e la direzione infermieristica mostrano solo un'infermiera in crisi profonda.

Quelle foto sono state sufficienti per farla condannare per omicidio?

Vorrei poter dire di no, ma sicuramente hanno influenzato la giuria qaunto basta da impedire a noi infermieri e le istituzioni infermieristiche a non interessarci al processo.

Il pensiero che l'infermiere soffre e non elabori il lutto è noto in oncologia ma è sottovalutato in altri contesti come la medicina.

Mi ricordo di quei giorni, tutti pronti a prendere le distanze da quelle foto, perchè dal lato pratico mostrano un'infermiera che ha dei problemi e il timore che quei problemi dipendano dal lavoro ci spaventava dentro, talmente tanto che la prima risposta è la negazione, la risposta che ci diamo è sempre quella, avrà dei problemi suoi, sarà un caso isolato a me non capiterà mai, ma è davvero così?

La sentenza è un documento di 79 pagine che sviscera tutti i passaggi ed evidenzia come sia stata condannata per omicidio volontario in assenza di prove.

Con il senno di poi è facile fare delle osservazioni, ma quando iniziano i processi siamo alla mercè delle voci delle informazioni che la procura o gli avvocati fanno uscire, e se quelle voci intaccano la professione se toccano il lavoro costante dell'apparire sui social ci chiudiamo a riccio pronti ad abbandonare tutto e tutti e siamo i primi ad accusare.

Questo perchè siamo una professione indifesa, attaccata da fuori e da dentro, incapaci di elaborare strategie per comprendere quanto siamo umani fra gli umani e che dovremmo essere i primi da curare.

La vicenda ha poi dell'assurdo nell'assurdo, portando a processo il primario e la coordinatrice del reparto per omicidio che dopo una prima condanna arriva l'ennesima sentenza di assocluzione. 

Non può essere che in un paese civile ogni volta che c'è un decesso l'ultimo infermiere che passa nella stanza o che dice una parola che viene fraintesa deve essere accusato di omicidio volontario e venire condannato all'ergastolo con una facilità che non ha precedenti.

Le due sentenza sono state reperite dal sito: https://www.avvocatiforlicesena.it 

 

Foto di Towfiqu barbhuiya