Rischio biologico da punture e tagli la dimensione del problema

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Recentemente ho avuto modo di leggere il lavoro del gruppo PHASE che mette l'accento sul rischio che corrono gli operatori sanitari per esposizioni accidentali da taglienti e pungenti i costi economici ed umani nel caso di acquisizione di patologie HCV, HBV, HIV ecc..

Un rischio reale che ho provato di persona, per una serie di conoscenze di penna ho avuto l'occasione di porre delle domande al dott. Vincenzo Puro e alla dr.ssa Gabriella De Carli, membri del gruppo di studio PHASE, Epidemiologi presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, e coordinatori dello Studio Italiano sul Rischio Occupazionale da HIV (SIROH).

  1. Quale è la dimensione del problema in Italia?

L’esposizione occupazionale al rischio biologico è un evento grave e frequente che riguarda, nel mondo, milioni di lavoratori del comparto sanitario. La rilevanza del tema ha portato all’approvazione della Direttiva 2010/32/UE sulla prevenzione delle punture e tagli nel settore ospedaliero e sanitario, che avrebbe dovuto essere recepita da ogni Stato membro della Comunità entro l’11 maggio 2013.

 
 

Non esistono in realtà dati nazionali ufficiali ed è bene chiarire che è possibile fare solo delle stime, in quanto solo una quota di tutte le esposizioni al rischio biologico viene effettivamente notificata.

In Italia abbiamo visto che il fenomeno della mancata notifica riguarda meno frequentemente le punture (di cui viene ufficialmente notificato il 44%), e molto più spesso le contaminazioni mucose (22%), i tagli (15%) e le contaminazioni di cute lesa (12%).

In realtà la segnalazione degli infortuni e la loro registrazione ed analisi sono obblighi previsti dal Decreto Legislativo 81 del 2008, il cosiddetto Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro.

Molto spesso però il sistema di registrazione è generico e formale ma non raccoglie informazioni tali da permettere un’ analisi esaustiva.

Diversi studi hanno inoltre dimostrato che le esposizioni non vengono segnalate per molteplici motivi tra i quali sottolineerei una errata percezione del rischio ed un percorso di segnalazione troppo complicato e burocratizzato.

Si stima che in Italia avvengano circa 130.000 infortuni l’anno, infortuni che comportano un’esposizione al sangue o ad altre sostanze biologiche potenzialmente infette; le sole esposizioni percutanee sarebbero circa 100.000.
Secondo i diversi modelli, ogni anno si verificano da 1 a 7 punture per 10 operatori.

Comunque sulla base delle segnalazioni, un’indagine condotta dalla Associazione Italiana dei Responsabili dei Servizi Prevenzione e Protezione in ambito sanitario (AIRESPSA) ha evidenziato che le esposizioni a rischio biologico negli operatori sanitari sono molto frequenti e rappresentano circa il 40% di tutti gli infortuni segnalati.

I dati maggiormente rappresentativi della situazione italiana derivano dallo Studio Italiano sul Rischio Occupazionale da HIV (SIROH), coordinato dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma. Il SIROH è attivo dal 1986 con il finanziamento del Ministero della Sanità e da allora ha coinvolto un significativo numero di ospedali nella conduzione di specifici studi sul rischio di contrarre un’infezione, sulla frequenza, le cause e le modalità che conducono all’esposizione occupazionale, ma anche sulle misure di prevenzione attuabili.

Il SIROH ha raccolto ad oggi dati dettagliati su poco più di 100.000 esposizioni occupazionali a rischio biologico segnalate da circa 150 ospedali italiani dal 1994 ad oggi, ma dalle stime effettuate questo potrebbe essere il numero degli infortuni in operatori sanitari che si verificano in Italia ogni anno.

Il 75% delle esposizioni registrate nel SIROH sono di tipo percutaneo: punture accidentali con aghi, o lesioni con altri dispositivi taglienti, contaminati con sangue.

Il rimanente 25% è costituito da esposizioni mucocutanee, cioè dal contatto accidentale di materiale biologico potenzialmente infetto con le mucose o con la cute integra o lesa dell’operatore (ad esempio uno schizzo di sangue negli occhi o sulle labbra).

Nel SIROH, circa la metà delle esposizioni percutanee si è verificata nei reparti chirurgici, il 35% nei reparti di medicina e il 15% in altri contesti come unità di terapia intensiva e laboratori.

I tassi di esposizione per 100 anni-persona di lavoro specifici per categoria professionale e area di lavoro hanno dimostrato che il tasso di esposizione percutanea più elevato è stato osservato in infermieri di chirurgia generale (11%) e medicina generale (10.6%).

Nelle strutture in cui sono stati avviati programmi complessivi di prevenzione è stato dimostrata la possibilità di una significativa riduzione del numero di infortuni a rischio biologico.

Ad oggi, in Italia, circa il 40% dei prelievi venosi, il 20% dei prelievi arteriosi e il 25% dei posizionamenti di cateteri endovenosi sono eseguiti utilizzando aghi e dispositivi di sicurezza.

Le organizzazioni sanitarie (ospedali, laboratori, ambulatori appartenenti soprattutto al SSN pubblico) che hanno adottato i dispositivi di sicurezza ed introdotto pratiche operative più sicure, hanno mediamente ridotto le punture accidentali di oltre l’80%.

Il tasso di puntura per 100000 aghi utilizzati era significativamente minore per i dispositivi di sicurezza (NPD) a confronto con i corrispettivi presidi convenzionali (CD): set per prelievo a vuoto con ago a farfalla, 2.18 vs 6.42 e con ago standard, 1.63 vs 4.66; siringa per emogasanalisi, 2.87 vs 11.85; ago cannula 3.27 vs 9.61.

Lo stesso non si può dire nei casi, purtroppo ancora maggioritari, di strutture sanitarie, pubbliche ma soprattutto private, in cui tale processo virtuoso non è stato compiuto.

Insomma, c’è ancora molta strada da fare, ma la direzione è stata indubbiamente e validamente tracciata anche nel nostro Paese.

Ringrazio il dott. Vincenzo Puro e alla dr.ssa Gabriella De Carli , membri del gruppo di studio PHASE, Epidemiologi presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, e coordinatori dello Studio Italiano sul Rischio Occupazionale da HIV (SIROH), per il prezioso contributo e la disponibilità data.