La fragilità scorre tra le mani

igiene mani

Ho pensato alla fragilità mentre maneggiavo un modellino di Vespa, lo scooter, fatto di mattoncini da costruzione. Lo stavo spolverando ed ha iniziato a perdere pezzi, vuoi la rapidità, il fatto che io sia stato brusco, lo strumento grossolano utilizzato per pulire ed ecco che i mattoncini hanno perso la loro coesione e solidità. È semplice rompere qualcosa da un momento all’altro, la compattezza può disgregarsi quando manca cura nell’azione.

Se sfogliamo il dizionario, la definizione alla voce fragilità riporta “Facilità di rompersi al minimo urto”. È stato così che ho riflettuto su un gesto che nel nostro lavoro di infermieri può facilmente rompere l’equilibrio “al minimo urto”, il lavaggio delle mani.

Un’azione semplice e basilare, una delle prime cose che impariamo sui banchi dell’Università insieme alla piega delle lenzuola con l’angolo a 90° ed è forse per questo che a volte lo facciamo con superficialità.

Lavarsi le mani diventa un automatismo, un’abitudine e di conseguenza non ci si pone più la corretta attenzione; eppure, scopriamo che in una quotidiana emergenza di infezioni correlate all’assistenza e antibiotico resistenza è lo strumento migliore per contrastarle.

Le infezioni correlate all'assistenza sanitaria (ICA) rappresentano una seria sfida per la salute pubblica in tutto il mondo, con un impatto importante sulla morbilità, la mortalità e la qualità della vita dei pazienti. Si stima che fino al 55% delle ICA sia potenzialmente evitabile attraverso l'implementazione di adeguati interventi di prevenzione e controllo delle infezioni.

Le più frequentemente osservate sono tre, la polmonite (21,59%), la cistite o altre infezioni sintomatiche del tratto urinario inferiore (UTI, 21,08%) e le infezioni del flusso sanguigno (BSI, 12,82%). La polmonite è stata correlata all'intubazione del paziente nel 39,1% dei casi.

Tra i pazienti con infezioni delle vie urinarie, il 66,09% aveva un catetere urinario e tra i pazienti con BSI, il 63,16% aveva un catetere venoso centrale. Insorgono almeno 48 ore dopo il ricovero in ospedale, entro 30 giorni da un intervento chirurgico o entro i 3 giorni successivi alle dimissioni in un paziente in cui al momento dell’ingresso in ospedale non erano presenti né come manifeste, né in incubazione.

Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) si verificano infatti in ambito assistenziale, come la complicanza più grave e frequente dell’assistenza sanitaria stessa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno un impatto clinico ed economico molto rilevante in termini di prolungamento della degenza, della disabilità a lungo termine, della mortalità, dell’aumento dell’antibiotico-resistenza e del maggiore carico economico - 7 miliardi di euro in Europa - per pazienti, famiglie e sistemi sanitari. In Italia si calcolano 11mila morti l’anno, record europeo, un terzo di tutti i decessi.

Le ICA hanno un impatto enorme sul Ssn, con 2,7 milioni di posti letto l’anno occupati. Il conto economico italiano contempla costi diretti che ammontano a circa 2,4 miliardi di euro. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stimano nel 2050 una mortalità per germi multiresistenti agli antibiotici superiori alle patologie oncologiche, con 10 milioni di decessi a livello globale.

La tavolozza dei fattori di rischio per lo sviluppo delle infezioni correlate all’assistenza riunisce:

  • Età, anziani o neonati i più esposti; Infezioni o malattie concomitanti (ad es. diabete);
  • Inadeguata igiene delle mani degli operatori;
  • Utilizzo prolungato di dispositivi medici invasivi;
  • Antibiotico-resistenza;
  • Durata del ricovero (più è lunga maggiore è il rischio);
  • Assunzione prolungata di antibiotici.

Ciak… i microrganismi resistenti agli antibiotici.

Cosa vuol dire germi multiresistenti agli antibiotici?

Un soggetto si ammala, una polmonite ad eziologia batterica. Ci si reca dal proprio medico per la visita e viene prescritto un antibiotico.

Terminato il periodo di assunzione del medicinale questo non ha fatto effetto, la malattia sta progredendo. Ci si reca nuovamente del medico e si inizia una nuova terapia antibiotica, ma anche questa non sortisce effetto ed ecco che si è costretti al ricovero e nei casi più gravi, soprattutto in soggetti anziani, avviene il decesso.

Il catalogo dei microrganismi multiresistenti agli antibiotici, quindi responsabili delle ICA, presenta:

L’escherichia coli è un microrganismo che vive, si riproduce e contribuisce al nostro benessere quando si trova nel nostro intestino in particolare nel colon. Viene eliminata con le feci e contamina le mucose dell’apparato genito-urinario.

Se durante l’inserimento di un catetere vescicale (attività sanitaria) noi trasferiamo questo microrganismo in vescica possiamo determinare una infezione urinaria catetere correlata (modifica delle condizioni abitative dell’escherichia coli).

Lo stafilococco aureus si trova normalmente nella cute, ma se durante un prelievo ematico non rispettiamo la tecnica asettica e lo trasferiamo nel sangue possiamo determinare una batteriemia.

La somministrazione di antibiotici porta ad una riduzione del numero complessivo di microrganismi nell’intestino e può favorire lo sviluppo di un’infezione da Clostridium difficile.

L’aumento di cute non integra dovuto a interventi di tipo invasivo, lo sviluppo di ulcere o di ferite favorisce la colonizzazione da microrganismi che normalmente non sono presenti sulla cute o sulle mucose come l’escherichia coli e lo pseudomonas aeruginosa.

Come viaggiano i microrganismi verso l’ambiente circostante?

I microrganismi “lasciano” naturalmente il corpo umano attraverso la desquamazione cutanea e l’eliminazione di fluidi corporei contaminando l’ambiente intorno al paziente e di conseguenza l’ambiente inanimato può essere coinvolto nella trasmissione di infezioni correlate all’assistenza (ICA) per via aerea o per contatto.

Molte evidenze, emerse soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90, hanno portato a consolidare il concetto che le superfici ambientali hanno un ruolo non trascurabile nella trasmissione, endemica ed epidemica, di patogeni che possono sopravvivere per lunghi periodi sulle superfici e sono difficili da eradicare con gli interventi di pulizia e disinfezione.

In tale contesto le superfici ambientali e quelle di apparecchiature sanitarie e dei dispositivi elettronici possono diventare pericolosi “serbatoi” di patogeni.

Elenco microrganismi: potenziale tempo di sopravvivenza dei microrganismi nell'ambiente

Microrganismo/sopravvivenza nell'ambiente

St.Aureus, MRSA/ da 7 giorni a oltre 7 mesi

Enterococchi vancomicino-resistenti (VRE)/ da 5 giorni a oltre 4 mesi

Acinetobacter spp/ da 3 giorni a oltre 5 mesi

Klebsiella spp, CPE/ da 2 ore a oltre 30 mesi

Clostridium difficile/ oltre 5 mesi

Norovirus/da 8 ore a 7 giorni

Elenco tratto da: Kramer A, Schwebke I, Kampf G. How long do nosocomial pathogens persist on inanimate surfaces? BMC Infect Dis2006;6:130.

I microrganismi tendono ad aderire alle superfici e possono anche formare biofilm che li proteggono dall’ essiccamento, favoriscono l’adesione alle superfici, sono di difficile rimozione da parte dei detergenti e riducono l’efficacia dei biocidi sia chimici (disinfettanti) che fisici (es. UV) e degli antibiotici.

Controrivoluzione? Lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni permettendo l’evoluzione della medicina moderna. Tuttavia, la comparsa di resistenza agli antibiotici rischia di rendere vane queste conquiste. 

Nell’azienda per cui lavoro è apparsa una locandina composta da varie vignette che si susseguono per spiegare in modo semplice l’antibiotico-resistenza.

Si parte con la prima, una stanza ben illuminata da una lampadina durante la notte… le illustrazioni proseguono così come le ore del giorno e si osserva questa stanza che continua a mantenere la luce accesa anche quando il sole la irradia rendendo inutile l’illuminazione artificiale… si torna ad un’ambientazione notturna, fuori dalla finestra è buio ma la stanza non è più ben illuminata come la sera prima, la luce è fioca, con il passare delle ore la notte si fa sempre più scura così come la stanza fino a quando non calano le tenebre… la lampadina si è fulminata, l’antibiotico non fa più effetto.

L’antibiotico-resistenza è un fenomeno in continuo incremento, principalmente associato ad un abuso nell’utilizzo degli antibiotici o ad un loro utilizzo improprio.

Le cause principali sono due:
  • Le pratiche cliniche: l’abuso di antibiotici o un uso inappropriato nel corso degli anni, hanno contribuito alla comparsa di batteri resistenti. Molte infezioni facilmente curabili senza l’utilizzo di antibiotici (es. raffreddore o tosse), trattate farmacologicamente, hanno contribuito all’aumento della resistenza
  • L’evoluzione dei microrganismi: i microrganismi sono costantemente sottoposti a minaccia di estinzione e per questo motivo, fisiologicamente, nel corso degli anni si sono modificati strutturalmente per poter sopravvivere. Inoltre, più vengono attaccati dai farmaci e maggiore è la loro evoluzione per riuscire a resistere.
La resistenza può essere:
  • Naturale, quando un batterio è già “di natura” resistente ad un antibiotico
  • Acquisita, quando il ceppo batterico era inizialmente sensibile ed è diventato col tempo resistente a causa delle modificazioni genetiche.

Per microrganismo multi-resistente si intende un microrganismo ad elevata pericolosità e facilmente diffusibile. A queste caratteristiche è spesso associata una multi resistenza agli antibiotici.

Sono responsabili di infezioni gravi e facilmente trasmissibili, ed è fortemente raccomandata la loro sorveglianza all’interno dell’ospedale.

L’acronimo MRSA significa Methicillin–resistant Staphylococcus Aureus, ovvero staphylococcus Aureus resistente alla meticillina. La resistenza acquisita è dovuta ad una modifica del patrimonio genetico interno del batterio.

La virulenza manifestata dal batterio lo rende più difficile da trattare con i normali antibiotici e più pericoloso in termini prognostici.

Fisiologicamente lo staphylococcus aureus vive nel naso, nella faringe e nella zona perianale in circa una persona su tre. È di norma un commensale, che può diventare patogeno quando entra nel circolo ematico o migra in una sede a lui non abituale. In casi gravi è in grado di provocare batteriemie (ovvero infezioni ematiche), polmonite.

L’MRSA è un batterio estremamente resistente in grado di sopravvivere a lungo sulle superfici come pavimenti, muri, maniglie, ecc. La principale via di trasmissione è il contatto diretto anche solo attraverso le mani della persona infetta o, ancora, attraverso materiali che sono stati a contatto con la persona affetta, come lenzuola o asciugamani.

L’MRSA è prevalentemente presente in ambito ospedaliero a causa della fragilità dei pazienti ricoverati (spesso immunodepressi), del gran numero di persone che transitano in ospedale e delle vie di accesso per il batterio, come le ferite chirurgiche o i device (CVC, CV, drenaggi). 

La diagnosi di MRSA si effettua attraverso il prelievo di un campione colturale. 

  • L’acronimo MRSE sta per Methicillin – resistant Staphylococcus Epidermidis, ovvero staphylococcus epidermidis resistente alla meticillina. L’epidermidis è per lo più un commensale ed è presente su quasi tutta la superficie cutanea. La maggior parte delle infezioni sono correlate ai dispositivi medici impiantanti come CVC. 
  • L’acronimo ESBL sta per Enterobatteri produttori di beta lattamasi a spettro allargato. Si tratta di batteri gram negativi multi resistenti in particolare alle penicilline e alle cefalosporine. 
  • L’acronimo CRE sta per Carbapenem Resistant Enterobacteriaceae, ovvero enterobatteri resistenti ai carbapenemi e sono infezioni che rappresentano una minaccia importante in sanità.

Dal 2009 al 2010 le infezioni da KPC (Klebsiella pneumoniae carbapenemi produttrice) sono passate in Italia dal 1,3% al 15% e l’Italia si trova la secondo posto in Europa, dopo la Grecia, per numero di infezioni. Sono infezioni con un tasso di mortalità altissimo, che può arrivare fino al 70%.

I carbapenemi sono meropenem e imipenem e sono due antibiotici che vengono utilizzati in pazienti particolarmente compromessi, in cui non vi sono altre scelte antibiotiche disponibili.

I due momenti più importanti nella gestione delle infezioni da CRE sono la sorveglianza e la gestione e il controllo del paziente infetto. Il batterio più diffuso delle CRE è la KPC, Klebsiella pneumoniae carbapenemasi produttrice.

È possibile effettuare uno screening delle CRE attraverso tampone rettale, che è fortemente raccomandato per tutti coloro che sono stati precedentemente identificati come infetti o colonizzati, per tutti coloro che hanno avuto contatti con pazienti colonizzati.

Inoltre, è fortemente raccomandato lo screening a tutti i pazienti che vengono ricoverati o trasferiti in reparti ad alto rischio come Terapie intensive, Oncologia ed ematologia, chirurgia dei trapianti. Infine, è raccomandato in tutti quei pazienti che hanno avuto un lungo ricovero nei mesi precedenti in un altro ospedale o che vengono da strutture per anziani.

Per controllare efficacemente la diffusione dei germi multi-resistenti è fondamentale la distinzione tra i casi di colonizzazione e di infezione:

  • Colonizzazione: presenza di microrganismi sulle superfici cutanee e/o mucose e/o in altri siti senza evidenza di invasione tissutale o di reazione infiammatoria loco regionale e/o sistemica e/o risposta dell’ospite
  • Infezione: presenza di microrganismi sulle superfici cutanee e/o mucose e/o in altri siti con evidenza di invasione tissutale e reazione infiammatoria; prevede l’invasione e moltiplicazione del microrganismo e la risposta loco regionale e/o sistemica dell’ospite.

Torniamo a bomba…

La diffusione della contaminazione ambientale si può poi verificare per via diretta, per uso condiviso di materiali sanitari o superfici contaminate, e, più frequentemente, per via indiretta, generalmente mediata dalle mani degli operatori sanitari. Come noto, quest’ultima modalità è all’origine di una elevata frequenza di trasmissione dei patogeni dalle superfici ambientali ai pazienti suscettibili. (Stiefel U et al. Contamination of hands with methicillin-resistant Staphylococcus aureus after contact with environmental surfaces and after contact with the skin of colonized patients. Infect Control Hosp Epidemiol 2011:32(2):185-7.)

Secondo molti autori, la modalità di trasmissione più frequente è mediata dalla contaminazione dei guanti in corso di assistenza al paziente.

L’igiene delle mani è la principale misura per la prevenzione delle infezioni ed il contrasto alla diffusione di germi multiresistenti, ma al contempo è una delle pratiche più disattese benché le indicazioni contenute nelle linee guida internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) siano semplici e di facile esecuzione.

Per superare questa difficoltà e per rendere applicabili le indicazioni dell’OMS è stato sviluppato “Il concetto dei cinque momenti dell’igiene delle mani”.

Tale modello concettuale trasforma le indicazioni all’igiene delle mani in momenti dell’igiene delle mani che si realizzano all’interno e attorno ad uno spazio: il punto di assistenza del paziente. Il punto di assistenza indica il luogo fisico in cui si trovano contemporaneamente il paziente e l’operatore sanitario e in cui si effettua la cura o il trattamento e quindi dove avviene il contatto con il paziente.

I contatti determinano sempre un’acquisizione o un trasferimento di microrganismi sulle mani degli operatori. Il contatto che si viene a realizzare quando le mani dell’operatore sanitario intervengono per assistere o curare un paziente all’interno di strutture sanitarie e socio-sanitarie viene definito contatto di tipo sanitario per distinguerlo dal contatto sociale che tutti sperimentiamo nella nostra quotidianità.

Il contatto di tipo sanitario aumenta il rischio infettivo proprio perché agisce sui microrganismi presenti nel corpo umano andando a “modificare le loro condizioni abitative” trasformandoli così in patogeni opportunisti ovvero capaci di determinare una malattia infettiva.

Attraverso queste condizioni viene facilitato il trasferimento di microrganismi da un paziente all’altro o da un paziente alle superfici che lo circondano ovviamente attraverso le mani degli operatori.

Possiamo ridurre il trasferimento di microrganismi quando utilizziamo gli antisettici prima di una manovra asettica, ma non possiamo impedire o evitare i contatti con il paziente, per cui dobbiamo prevenire il trasferimento con un “contatto sanitario sicuro”, ovvero attraverso l’applicazione delle indicazioni dell’igiene delle mani.

5 momenti igiene mani

I cinque momenti dell’igiene delle mani (OMS)

Prevenire, gestione e controllo delle ICA.

La prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza sono fondamentali per ridurre il loro impatto in termini di morbilità, mortalità, antibiotico-resistenza e costi sanitari.

In questo articolo ho voluto assegnare il ruolo da protagonista all’igiene delle mani quindi la tecnica corretta e il concetto dei 5 momenti. Per girare un film di successo, un Colossal, il protagonista non basta, servono altri attori.

Nel cast troviamo l’isolamento dei pazienti infetti, i pazienti colonizzati o infetti dovrebbero essere isolati in stanze singole con bagno dedicato. È possibile fare anche un isolamento di coorte, ovvero raggruppare i pazienti con la stessa infezione in aree dedicate dell’ospedale o dell’U.O. stessa.

L’accurata disinfezione di ambienti e presidi alla dimissione/trasferimento del paziente (superfici e pareti incluse), esistono ormai molte evidenze del fatto che un ambiente precedentemente occupato da un paziente colonizzato-infetto da varie tipologie di patogeni e non adeguatamente trattato rappresenti di per sé un importante fattore di rischio di colonizzazione o infezione con lo stesso patogeno per il paziente successivo.

  • Riduzione della permanenza di device (ad es. catetere urinario) in sede oltre il tempo necessario.
  • Educazione al personale sanitario nella gestione e nel controllo delle infezioni e sorveglianza attiva.
  • Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e rispetto dell'asepsi nelle procedure invasive.
  • Adesione del personale alle linee guida e applicazione del Bundle. Il bundle è uno strumento definito come un insieme limitato di pratiche basate sulle evidenze scientifiche che, applicate congiuntamente e in modo adeguato, migliorano la qualità e l'esito dei processi con un effetto maggiore di quello che le stesse determinerebbero se fossero attuate separatamente.

L’antagonista non ha bisogno di presentazioni, lo conosciamo tutti, i microrganismi resistenti agli antibiotici.

In Italia per affrontare questo problema, sono stati emanati due Piani d'Azione Nazionali per il contrasto della resistenza antimicrobica (PNCAR), nel 2017 e nel 2022. 

In ultima analisi vi lascio con un dato concreto. Il consumo di disinfettanti per le mani a base di alcool è aumentato considerevolmente, da una mediana di 11,1 L per 1000 PD nel 2016 a 24 L nello studio attuale.

Questo risultato è in linea con i precedenti rapporti nazionali e internazionali sull'aumento del consumo di strofinamento per le mani a base di alcol a seguito della pandemia di COVID-19, tuttavia gli sforzi dovrebbero ora essere dedicati al mantenimento di alti livelli di consumo oltre il contesto pandemico.  

A mio nonno Paolo

Bibliografia

Foto di Tima Miroshnichenko

 
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