La sindrome dell'ultimo arrivato, esiste?

Pin It

sala operatoria ferristaSindrome dell'ultimo arrivato, me ne parlò un collega, scherzando, ma poi in realtà l'ho avuta e mi sono accorto che capita indistintamente sia al neoassunto con nessuna esperienza ma anche a chi ha qualche annetto di esperienza.

Possono esserci delle situazioni che ci permettono di fare autodiagnosi?  E quindi di adottare delle soluzioni adeguate? E come riconoscere i disastri imminenti?

Arrivate in un nuovo reparto siete carichi ma avete la sindrome del nuovo arrivato, come accorgersene?

In fondo se non ci se ne accorge non esiste ma il primo segnale un classico è, apri un armadio e non vedi che quello che cerchi è davanti al tuo naso, oppure, si chiedono sempre le stesse cose, si sbagliano tecniche semplici oppure  si ha quella senzazione di essere piombati, pesanti nei movimenti e nei pensieri. 

Niente di grave sono arrivati dei segnali semplici ma importanti che la sindrome dell'ultimo arrivato è in agguato, adesso è necessario controllare in modo critico cosa sta succedendo.

Siamo arrivati in un reparto che non conosciamo, abbiamo ascoltato, poi abbiamo detto la nostra e il reparto è obsoleto, so cosa fare come migliorare tutto e parlo racconto di come tutti potrebbero fare meglio...

E chi mi ascolterebbe.

La prima cosa che capita è che avendo voglia di fare e di dare ci si scorda di prendere, ascoltare e imparare dai colleghi presenti prima di te.

L'ambiente le cose si imparano semplicemente facendo un giro in reparto per rinfrescarsi la memoria e poi è indispensabile cercare i segnali e le letture che aiutano la nostra memoria a riconoscere dove sono gli oggetti che ci occorrono e le secuenze per applicare il giusto procedimento.

Se arrivate in un reparto nuovo avrà fogli appresi con le ultime indicazioni, moduli disposti in un ordine ben preciso e altre strategie per ricordare di tutto ma sempre pronti a resettarle quando cambia una normativa o una circolare.

Le persone i colleghi i pazienti sono l'elemento più importante ed è necessario evitare alcune cose tipo:

  • ignorare la gerarchia di reparto, chi sostituisce la capo sala spesso non è in una situazione comoda e chiede la massima disponibilità, ignorarla/o o fare gli sciocchini nel momento sbagliato,
  • non fare le cose chieste perchè tanto ci vuole poco a farle e dopo c'è tempo,
  • pretendere di avere ragione senza sapere perchè e come fare, ma solo ripetendo a memoria qualche riga letta chissa dove.

E' possibile rimediare pensando a come è fatto l'ambiente dove lavorate, ci sono oggetti, spazi e persone che lavorano come gruppo interconnesso.

Mi spiego, partendo dal presupposto che si lavora secondo schemi prestabiliti, siamo consapevoli che questi schemi possono modificarsi improvvisamente, e ci accorgiamo di quanto siamo collegati quando con un urgenza si scombina tutto e il lavoro da ordinario, routinario diventa parossistico.

Le persone i colleghi sono/siamo in un interrelazione emozionale gerarchica, che non è solo Medico, capo sala, infermiere, ma è più complessa perchè ramificata e basata sull'esperienza.

Un interrelazione emozionale gerarchica (termine di fantasia che mi sono inventato ma descrive bene l'idea) è una rete di relazioni comunicative che coinvolge medico, capo sala, infermiere, oss, paziente e all'interno di ogni gruppo ci sono delle gerarchie per esperienza di reparto e nel caso del paziente per esperienza di malattia, il malato giovane e grave ha tutta la nostra attenzione ed influenza emotivamente tutti.

Le gerarchie interne al gruppo posso essere interpretate in due modi, o negative perchè vi opprimono e non vi lasciano spazio o sono un elemento di stabilità.

Nel primo caso se andate in conflitto ci sarà un percorso lungo e difficile che alla lunga potrebbe creare grandi amicizie, oppure in alternativa la gerarchia si scala con un confronto delle esperienze.

Il confronto la condivisione delle esperienze fatte è la soluzione più semplice, anche se lunger acquisire il rispetto che si merita ma anche per dare il giusto rispetto agli altri.

Un confronto di esperienze porterà poi inevitabilmente se arriva al confronto di eventi e azioni cercando il perchè e i risultati il confronto accresce tutti.

In realtà è un discorso molto complesso ma potrebbe essere tutta fantasia oppure è possibile accettare che esiste un momento in cui non si riesce a mettere a fuoco le nostre capacità per l'ambiente in cui lavoriamo o che rendiamo di meno?

Se esiste potrebbe chiamarsi Sindrome dell'ultimo arrivato, ma quando si guarisce?

Quando l'ultimo arrivato si confronta tranquillamente con tutti potrebbe portarsi dietro ancora quella sensazione ... ma poi arriva il nuovo e la sindrome è guarita.

Foto di skeeze da Pixabay