Il prelievo venoso, 10 domande per saperne di più

prleievo venoso
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Il prelievo venoso è una tecnica infermieristica che tutti gli infermieri sanno fare.

Chi ci vede fare questa tecnica può pensare che sia facile ma in realtà non è affatto così scontato e ci sono molti passaggi da seguire (link).

Le domande sono il primo passo per fare nuove scoperte e anche una tecnica all'apparenza semplice può offrire occasioni per imparare cose nuove. 

Le domande semplici sono quelle che hanno una risposta che può aiutarci ad organizzare i nostri saperi quotidiani.

Le domande che voglio proporti sono le seguenti:

  1. Quando valutare in modo approfondito le vene del braccio?

  2. Come valutare al meglio le braccia prima di un prelievo venoso?

  3. Qual è la sede di prima scelta per il prelievo venoso?

  4. Quali altre sedi posso scegliere per il prelievo?

  5. Perchè la vena si rompe appena la tocco con l'ago?

  6. Concentrati o rilassati, a cosa pensare quando si fa il prelievo venoso? 

  7. Cosa succede se durante il prelievo mi trovo a passare da parte a parte una vena? 

  8. Se devo rinunciare al foro è colpa del paziente?

  9. Quanto insistere prima di rinunciare al foro fatto?

  10. Quanti fori fare prima di rinunciare?

 

  1. Quando valutare in modo approfondito le vene del braccio?

Il prelievo venoso generalmente è una tecnica abbastanza veloce e automatizzabile ma una valutazione approfondita richiede di prendersi qualche minuto in più del solito e dobbiamo farla in alcuni casi quali:

  • sono presenti lividi causati da altri fori per tentativi precedenti di posizionamento di aghi cannula o prelievi;
  • sentiamo le vene dure;
  • notiamo segni di flebiti, chimiche o batteriche;
  • vediamo una cute sottile come carta velina (condizione detta dermatoporosi).
  1. Come valutare al meglio le braccia prima di un prelievo venoso?

Lo strumento che hai a disposizione è il tatto, devi effettuare la palpazione con due dita, l'indice e il medio vicini, perchè aumentano la superficie della sensibilità.

Scorrendole lungo la vena ti consentono di percepire al meglio il diametro, la profondità e il verso.

Quando queste informazioni le riesci ad elaborare ad occhi chiusi non ti servirà più vedere la vena e se la senti puoi forarla.

  1. Qual è la prima scelta per il prelievo venoso?

La prima scelta sono le vene di grosso calibro, io preferisco la cubitale mediana, poi subito vicino ci sono la cefalica e la basilica, scendendo lungo l'avambraccio dove ci sono vene abbastanza lineari.

Ma se le vene sono nascoste dallo strato adiposo o bruciate da terapie infusionali c'è il dorso della mano.

Il dorso della mano è un foro esperto perchè richiede di valutare la mobilità della vena e di riuscire a tenerla ferma mentre si fora.

L'ultima spiaggia è la vena posteriormente al braccio vicino al gomito, la basilica, una vena mobile che per forarla bisogna fare il prelievo a testa in giù.

  1. Quali altre sedi posso scegliere per il prelievo?

Tutte le vene di calibro adeguato vanno bene, in alternativa alla cubitale mediana.

Quando la vena è piccola, il vuoto della provetta con sistema vacutainer può far collabire la vena; in questo caso le strategie da applicare per non far coagulare velocemente il sangue sono 2:

  1. chiudere il tubicino che porta il sangue, piegarlo e posizionare l'ago perpendicolare alla vena e appoggiandolo alla base della stessa, così l'apertura si libera. Quindi si lascia il tubicino lentamente controllando la ripresa del passaggio di sangue
  2. utilizzare una siringa di dimensioni adeguate, in cui si può regolare la pressione di aspirazione al meglio, ma la tecnica è più rischiosa per la possibilità di punture accidentali
  1. Perchè la vena si rompe appena la tocco con l'ago?

Entrano in gioco due fattori, la fragilità della vena e la tensione che si crea quando il laccio resta in sede molto.

E' possibile prevenire questo aspetto chiedendo al paziente se gli è mai capitato che si rompano le vene quando gli fanno un prelievo.

La soluzione è identificare la vena quando il laccio è posizionato, rimuovere il laccio e poi rimetterlo e fare rapidamente il prelievo.

  1. Concentrati o rilassati, a cosa pensare quando si fa il prelievo venoso? 

Concentrazione e relax, è necessario trovare il giusto mix.

Soprattutto bisogna essere consapevoli che si usa un ago che fora, e per non fare male al paziente è necessario pensare alle informazioni che con gli occhi e il tatto acquisiamo per sapere come è collocata la vena per riuscire a forarla rapidamente, un foro lento è più doloroso.

  1. Cosa succede se durante il prelievo mi trovo a passare da parte a parte una vena? 

Il paziente può sentire più dolore perchè si fora il tessuto muscolare o peggio un tendine che da una scossa.

La prima cosa da fare è estrarre l'ago rapidamente, tamponare il foro di uscita e tranquillizzare il paziente.

  1. Se devo rinunciare al foro è colpa del paziente?

Questo modo di dire è scorretto con i pazienti che stanno fermi e ci danno la possibilità di lavorare con serenità.

Mentre secondo me è colpa del paziente nel caso in cui si mette a urlare e ha una sopprotazione del dolore pari a zero, perchè non siamo macchine e la comunicazione indiretta, quella corporea, quella del tono di voce difficilmente non ha effetti su di noi e inevitabilmente altera la nostra concentrazione e capacità di giudizio.

Non è colpa del paziente se ha uno stimolo vagale e la vena scompare al tocco dell'ago ed è necessario comprendere che ci sono vene che non possiamo forare.

  1. Quanto insistere prima di rinunciare al foro fatto?

Quando si fa un foro si supera l'epidermide che è il momento più doloroso, se si sbaglia l'inclinazione o la vena si è spostata è necessaria una rivalutazione e di "cercare" la vena.

La ricerca della vena con l'ago nel braccio deve essere effettuata con un movimento rapido e sicuro.

Non si deve cercare se si riesce ad identificare con certezza la vena.

  1. Quanti fori fare prima di rinunciare?

Quando non si riesce a fare il foro e si fa il secondo è necessario essere più determinati e concentrati, i fattori emozionali scatenati dal primo insuccesso favoriscono il secondo insuccesso. 

Personalmente ho tre record e di uno non ne vado fiero.

Da giovane, tanti, tanti anni fa era ancora il secolo scorso e il mio record di insuccessi sullo stesso paziente è stato di 7 fori, si ben 7 alla stessa persona, che sapeva di avere delle vene difficili e non aveva problemi, ma io si.

Quando ho chiamato il/la collega ha preso la vena al primo colpo. 

Dopo quell'esperienza ho deciso di seguire la regola "non c'è due senza tre".

Questo vuol dire che se sbaglio il secondo foro chiedo l'aiuto del collega e gli riferisco le mie scelte. 

Dopo quell'esperienza ho valutato una persona dove invece ho fatto un tentativo e ho chiesto aiuto alla collega esperta che aveva già esperienza del caso. Infatti era il caso unico di una donna che al tocco dell'ago aveva uno stimolo vagale che portava le vene in vasocostrizione e scomparivano.

Il terzo record personale era ai tempi della libera professione, l'ospedale chiedeva di fare i prelievi di smonto notte, e spesso erano più di 20, ed ho iniziato a contarli, non so perchè ma malgrado fossero vene difficili, anziani,  non ne ho mai fatti più di 19 consecutivi al primo colpo, il 20° lo sbagliavo sempre.

Le domande sono il punto di partenza per ogni cosa

Quando si fanno le scuole dell'obbligo nessuno ci insegna a porci delle domande e il sapere che ci richiedono è quanto impariamo a memoria da altri.

La professione Infermieristica fa un passo in più con il problem solving da applicare i numerosissime situazioni e contesti idfferenti.

Ogni giorno in reparto ci si pone domande e il fatto che non hanno una risposta immediata spesso causa l'inibizione dell'esercizio stesso di porsele. 

L'EBN ha poi tentato di dare delle risposte ad alcuni quesiti, ma la mancanza di una ricerca di base spesso ha generato più domande e problemi che risposte effettive.

La crescita professionale e la scoperta passa solo attraverso l'esercizio di nuove domande e se non trovi subito una risposta attendi, potrebbero volerci anni, ma arriverà.

 

Foto di Gustavo Fring