Linee di indirizzo per l'informazione del paziente ed il consenso dell'atto sanitario

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Sfogliando il web ho trovato questo quaderno dell'ARSS Veneto, una pubblicazione che presenta la necessità del consenso informato scritto prendendo in considerazione anche l'aspetto storico, sociale e normativo.

 Riporto la premessa del Quaderno 

Il tema del consenso del paziente agli atti sanitari si è inserito con forza (a volte anche distruttiva) nella complessa problematica del rapporto con il medico e, oggi, anche con gli altri professionisti sanitari. Molti fattori hanno contribuito a snaturare l'indispensabile relazione fiduciaria, facendone una questione ancorata a formule e moduli. Tra essi, in primo luogo, le frequenti carenze dei medici nel processo di informazione e, più ancora, di comunicazione. Si sono aggiunte, in àmbito giudiziario, pronunce, anche della Suprema Corte, che esasperando il ruolo del consenso hanno inquadrato i trattamenti sanitari attuati senza l'espressione del consenso nella previsione normativa delle lesioni volontarie e, in caso di morte del paziente causalmente riconducibile a tali trattamenti, al delitto di omicidio preterintenzionale. Ha certamente contribuito ad accrescere il travisamento del costruttivo significato del processo di libera e convinta adesione del paziente il prevalere di preoccupazioni puramente formali, sollecitate da esigenze assicurative, a loro volta espressione del sempre più frequente ricorso, da parte di avvocati,
alla mancata dimostrazione scritta del consenso nella documentazione clinica. E non è un caso che da tempo stia dilagando l’acritica traduzione in italiano del termine “informed consent”. Parlare di “consenso informato” con evidenza simbolica valorizza il sostantivo e pone tra parentesi l'aggettivo, quando, invece, la gerarchia dei momenti deve essere capovolta, come da tempo ha ben precisato il Comitato Nazionale per la Bioetica (documento:
"informazione e consenso all'atto medico", 1992). Diversamente diviene inevitabile la sempre più frequente collocazione del tema del consenso nel contesto della (deleteria) medicina difensiva .
Quali, invece, i corretti presupposti etici del consenso agli atti sanitari?
L'affermazione dei diritti umani individua la persona come un soggetto portatore di esigenze inderogabili che appartengono alla sua stessa identità. Il concetto di dignità della persona, che caratterizza la tradizione culturale delle democrazie occidentali, è entrato solo recentemente e ancora in modo parziale nella pratica medica, che viene da una tradizione plurisecolare di paternalismo la quale ha spesso considerato la volontà del paziente non indispensabile all'atto medico. L'attenzione al valore della consapevole adesione alle proposte di atti sanitari e, a maggior ragione, della decisione di non accertarli, è quindi del tutto recente e richiederà ancora un lungo cammino (agevolato, probabilmente, da ricambio generazionale).
All’emancipazione del paziente dovrà fare riscontro un approccio basato sulla reciproca interazione medicopaziente, con il costruttivo contributo del primo a far crescere il secondo nella consapevolezza dei propri diritti, senza tradurre il rispetto della sua autonomia in termini di abbandono o disinteresse dei complessi aspetti, anche emotivi e relazionali, del vissuto di malattia. Nel contesto di una relazione di aiuto la qualità del dialogo, meglio di una presenza che può esprimersi anche con il linguaggio non verbale, è fonte e insieme segno di autentico rispetto.

L'attuazione di una valida comunicazione (nel cui contesto si colloca anche l'informazione e, quando necessario, il consenso) esige un elevato livello di responsabilità morale. La natura stessa della relazione con il paziente (ed i suoi familiari) è intrinsecamente etica e richiede a tutti gli operatori sanitari un elevato profilo morale.
Solo comprendendo e condividendo questa premessa è possibile dare significato alle dimensioni giuridica, amministrativa e organizzativa del tema del "consenso", che questo documento si è proposto di illustrare e tradurre in termini operativi.


Il Presidente del Comitato per la Bioetica
Prof. Paolo Benciolini

 

Il Quaderno è scaricabile al link