Morte assistita: riconoscerla come un'opzione terapeutica valida?

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I progressi della scienza e della medicina oggi fanno sì che la qualità della vita delle persone sia decisamente più elevata rispetto al passato.

Questo vale anche quando si parla di individui affetti da malattie che, grazie proprio agli sviluppi del settore sanitario e tecnologico, hanno visto la loro condizione e la loro vita in generale migliorare. 

Ci sono casi, però, in cui il paziente in questione non ha possibilità di vivere una vita dignitosa né, nei casi più gravi, di sopravvivere una volta fuori dalla terapia intensiva.

Si parla infatti di trattamenti inutili ai quali le persone gravemente malate spesso e volentieri nemmeno rispondono. 

É esattamente a questo punto che secondo uno studio pubblicato su Online Librery si potrebbe tenere in considerazione la morte assistita come unico mezzo possibile con il quale dare sollievo ai pazienti, quando non c'è più niente da fare.

La morte assistita non è eutanasia: qual è la differenza

Nonostante la morte assistita sia per molti ancora un tabù, negli ultimi tempi sta facendo sempre più discutere chi di competenza.

Secondo gli esperti, infatti, si tratterebbe di un trattamento che non può mancare all'interno dell'ampio ventaglio delle cure possibili proposte dalla sanità.

Ma di cosa parliamo nello specifico?

Innanzitutto, bisogna partire da una verità: la morte assistita non ha nulla a che vedere con l'eutanasia.

L'eutanasia, tra l'altro illegale in Italia, è una pratica secondo cui è un medico o un operatore sanitario a somministrare al paziente il farmaco che metterà fine alla sua vita.

La morte assistita, invece, del tutto legale, prevede che sia il paziente in prima persona ad autosomministrarsi il farmaco letale, prescritto precedentemente dal medico che lo assisterà durante tutto il processo.

La cosa che accomuna i due processi è il fatto che in entrambi i casi è sempre e solo il paziente a doverne fare richiesta, mai i medici o i familiari.

Inoltre, è necessario che la persona interessata sia capace di intendere e di volere, e che risponda in toto ai requisiti previsti dalla legge per poter procedere con il trattamento. 

L'etica della morte assistita

La morte assistita è sicuramente un tema molto delicato e complesso, che non può di certo essere trattato con superficialità e snocciolato in poche righe. 

Per cercare di coglierne un po' di più il significato non possiamo prescindere dai principi etici che si celano dietro questo trattamento, nonostante per alcuni medici si tratti di qualcosa di assolutamente sbagliato, contrario all'etica medica e alla dignità umana.

I principi sui quali si discute sono in sostanza due:

  • l'autonomia del paziente, il quale ha il diritto e il dovere di prendere decisioni autonome sulla propria vita, dopo essere stato informato su tutte le varie possibilità di cura. Avere autonomia può anche significare rifiutare i trattamenti salvavita.
  • la giustizia, che dovrebbe essere sempre uguale per tutti. Ciò significa che ogni persona può e deve avere la possibilità di richiedere il trattamento in modo equo e imparziale.

Al momento, la morte assistita per molti andrebbe anche contro i principi cruciali del Giuramento di Ippocrate, secondo cui un medico o un operatore sanitario deve sempre agire per il bene del paziente e mai il contrario. Nello specifico, il Giuramento infatti recita:

“Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio”.

Probabilmente è anche per questo che non tutti gli esperti del settore si trovano d'accordo con il fornire cure per la morte assistita. 

Nonostante tutto, però, sono sempre di più i pazienti che desidererebbero ricorrere a questo trattamento e che sperano che quest'ultimo venga riconosciuto come metodo valido per adempiere al dovere di fare gli interessi dei malati. 

Il ruolo degli infermieri

In tutto questo, il ruolo degli infermieri è sicuramente importante.

Una volta compresa l'etica e l'importanza di questa procedura, infatti, potranno fornire ai pazienti non solo una maggiore assistenza, ma anche le giuste informazioni affinché ogni malato possa decidere da sé con consapevolezza. 

D’altro canto, secondo lo studio, gli infermieri potrebbero vivere l'assistenza di fine vita come un lavoro estremamente faticoso dal punto di vista emotivo. 

Ecco perché è necessario parlarne e far sì che ci siano professionisti sanitari preparati a questo compito così difficile.