Il ruolo chiave degli infermieri nella gestione del paziente a rischio suicidario

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Il fenomeno suicidario è un fenomeno piuttosto complesso che può essere definito come multifattoriale e multidimensionale in quanto affonda le sue radici in contesti psicologici, psichiatrici, culturali, sociali e biologici.

Gli infermieri hanno un ruolo centrale nella gestione e nella prevenzione del paziente a rischio suicidario, in letteratura emerge che il 90% delle persone decedute per suicidio ha chiesto numerose volte aiuto e supporto sanitario nell’anno o nei mesi precedenti il decesso (1).

I dati forniti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che nel mondo ogni anno i suicidi sono circa 800.000 e negli ultimi 45 anni il tasso di suicidi è cresciuto del 65%.

Gli atti suicidari costituiscono perciò un serio problema di sanità pubblica a livello mondiale.

L’Italia si colloca tra i Paesi del mondo a più basso rischio di suicidio, con un tasso di mortalità per questa causa che è quasi la metà rispetto alla media dei Paesi dell'Unione Europea ma, nondimeno, il suicidio continua anche nel nostro Paese a causare una grande perdita di vite umane, molto più alta di quella causata, ad esempio, dall’omicidio che in Italia nel 2020 ha contato 286 morti mentre il suicidio è stato oltre 10 volte più impattante contando 3.686 decessi secondo le statistiche ISTAT 2020.

Tra il Nord e il Sud d’Italia il tasso di suicidi è molto sproporzionato essendo nettamente superiore al Nord rispetto al Sud con un tasso standardizzato doppio. Questo significa i tassi al Nord sono molto vicini a quelli del resto d'Europa.

Il suicidio, come precedentemente detto è un evento multifattoriale nel quale convergono il ruolo della vulnerabilità genetica e biologica, il dolore psicologico, le patologie mentali e fisiche, l'abuso di sostanze, i disturbi di personalità, precedenti comportamenti suicidari così come l'accesso a mezzi letali.

Tuttavia, la letteratura internazionale suggerisce che i soggetti affetti da disturbi mentali siano maggiormente esposti al problema. (2).

Nonostante quasi tutti i principali disturbi psichiatrici siano associati a un rischio di suicidio maggiore, la depressione è la causa principale in più della metà dei casi.

L’OMS ha previsto che nei prossimi due anni la depressione sarà la principale causa di disabilità a livello globale. Le attuali raccomandazioni per adolescenti e adulti che soffrono di depressione.

Il quadro delineato pone in evidenza dunque la necessità, per gli infermieri di una piena comprensione del problema e la conseguente implementazione di validi interventi preventivi.

Gli Interventi preventivi cominciano, inanzittutto, da una maggiore formazione degli infermieri riguardo alle consocenze base del fenomeno, dei fattori di rischio, predisponenti e protettivi e, infine, i potenziali interventi relazionali che le evidenze sostengono positavamente da mettere in atto nella gestione di questa tipolgia complessa di pazienti.

Fattori di rischio

Il gesto suicidario è, e resta a tutt’oggi, un gesto imprevedibile ma ci sono comunque alcuni fattori da tenere sempre a mente.

Tra gli adulti, i fattori di rischio suicidario possono essere raggruppati in diverse categorie:

  • Disturbi psichiatrici come il disturbo affettivo depressivo, la schizofrenia, l' abuso di sostanze;
  • Condizione socio-familiare, il soggetto con una famiglia disgregata, con una storia familiare di separazione, divorzio o vedovanza;
  • Imprevisti, eventi precipitanti legati a difficili relazioni; interpersonali, perdite affettive significative, problemi di salute, problemi con la giustizia o problemi lavorativi come, ad esempio, la perdita della propria occupazione;
  • Età compresa tra 20 e 30 anni o sopra i 60 se si è uomini e avere meno di 25 anni o circa 45 se si è donne;
  • Uso o abuso di sostanze, talvolta in comorbidità con altri disturbi psichiatrici;
  • Eventi traumatici recenti, gravi malattie fisiche o dolorose o invalidanti con vissuti di perdita di speranza o che minacciano seriamente la vita o l’integrità del soggetto;
  • Lutto recente per un familiare o parente suicida o perdite precoci nell’infanzia (es. la perdita di uno o entrambi i genitori);
  • Episodi di autolesionismo o precedenti TS;
  • Altri: scarse capacità di problem solving, ostilità e aggressività, insonnia, discordie familiari, storia di maltrattamenti infantili, disponibilità di agenti letali.  (3)

il principio essenziale sul quale si deve fondare la valutazione da parte del professionista è la comprensione delle principali condizioni personali, interpersonali e sociali, proprie di ogni individuo.

Fattori predittivi

Il soggetto con ideazione suicidaria lancia sempre dei segnali d’allarme che possono essere interpretati come richieste di aiuto. Diversi autori, tra cui M. Pompili (2005), hanno raccolto e pubblicato quelli che possono essere dei possibili segnali d’allarme:

  • Ambivalenza, sentimenti contrastanti rispetto all’idea di porre fine alla propria vita sono comuni alla maggior parte delle persone che tentano il suicidio in quanto il desiderio reale del soggetto non è quello di uccidersi bensì quello di risolvere il proprio dolore psicologico;
  • Impulsività, in risposta a pensieri suicidari, l’impulsività rappresenta quel tratto della persona che la predispone ad un comportamento autolesivo. Il soggetto impulsivo non elabora un pensiero suicidale, lo mette direttamente in atto;
  • Rigidità, nel soggetto suicida il pensiero diviene rigido e drastico e non lascia spazio ad altre soluzioni;
  • Hopelessness, la perdita di ogni speranza mina la capacità progettuale del soggetto che si rassegna;
  • Progressivo isolamento sociale e familiare accompagnato da un disimpegno emotivo;
  • Alterazione delle abitudini del sonno e dell’appetito;
  • Perdita di interesse per attività solitamente ritenute come piacevoli;
  • Improvvisa ipocondria o rifiuto di assumere terapia farmacologica;
  • Trascuratezza fisica e dell’igiene personale;
  • Gravi conflitti famigliari e/o recenti perdite nelle relazioni affettive;
  • Acquisto di armi senza una ragionevole motivazione che possa giustificarne l’acquisto;
  • Improvviso miglioramento d’umore dopo un periodo di depressione;
  • Affermazioni quali “voglio morire”, “mi sento inutile”, “a chi importa di me” o più in generale il parlare del suicidio o della morte in maniera franca e diretta. (3)

Per poter riconoscere i segnali d’allarme risulta necessario che l’infermiere si mostri aperto, sincero e capace di riferirsi alla sofferenza che giace dietro l’intenzione suicidaria.

Gli infermieri, come punto centrale nella cura dei pazienti sono coloro che trascorrono più ore con i pazienti durante le giornate per cui potrebbe giocare a un ruolo indispensabile nella valutazione tempestiva del suicidio.

Fattori protettivi

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo in evidenza alcune condizioni che possono costituire dei fattori di protezione in quanto riducono il rischio suicidario.

Tra queste ci sono: l’avere buone relazioni famigliari, una forte autostima, consapevolezza del proprio valore e fiducia in sé stessi, la capacità di chiedere aiuto, di confrontarsi con gli altri e di imparare, una buona rete sociale, l’integrazione nel lavoro, nelle attività culturali e di tempo libero, uno stile di vita sano con alimentazione e sonno adeguati, una buona attività fisica e la presenza della luce del sole, progetti futuri e gravidanza. (4)

Il ruolo dell'Infermiere

Ho analizzato alcuni articoli in letteratura per afforntare la mia tesi di laurea su questo argomento e molti studi concordavano su alcuni punti in comune che cerco di riassumere.

Come già detto, l’infermiere è il professionista più a contatto con il soggetto a rischio suicidale ed è anche quella figura professionale che ha la possibilità di mettere in atto una molteplicità di interventi relazionali che possono essere decisivi per la valutazione del rischio e la sua prevenzione.

I risultati mostrano in modo ricorrente la necessità di un’assistenza centrata sul paziente in cui esso si senta ascoltato, capito e non giudicato. 

L’osservazione del comportamento verbale e non verbale e l’ascolto attivo sono state identificate come strategie di base; per cui l’infermiere deve fare in modo di supportare la persona, cercando di connettersi ad essa con il dialogo e l’empatia per aiutarla ad affrontare e dare un senso alla sua suicidalità. (5)

Creando un legame con il paziente si riesce a passare da un ruolo di sorveglianza a uno più focalizzato sulla relazione terapeutica. Così facendo, l’infermiere potrà davvero essere d’aiuto per alleviare il dolore psicologico della persona ed ispirare speranza. (6)

Se presenti familiari o amici del paziente è importante che vengano effettuati degli incontri e che siano vicini alla persona e parlino dell’accaduto.

Questo diventa un punto fondamentale nel momento della dimissione in cui è fondamentale che il paziente abbia dei buoni rapporti sociali, i quali sono un fattore protettivo. In caso contrario è necessario supportare il paziente con una linea telefonica dedicata o il sostegno dei gruppi di auto-muto aiuto (7).

Gli infermieri hanno rilevato una serie di comportamenti prima del tentativo di suicidio; i pazienti sono più isolati e disconnessi, non esprimono i loro bisogni e mostrano una discrepanza tra comunicazione verbale e non verbale (8).

Conclusioni

Per rilevare determinati atteggiamenti comportamentali è essenziale istituire dei programmi di formazione e aggiornamento annuali o biennali.  

In ogni caso, il nsuicidio ed il tentamen suicidale all’interno dell’ambito ospedaliero risultano essere ancora oggi una tematica poco esplorata.

In particolare, il suicidio in ospedale risulta essere un problema sottostimato, spesso a causa di una valutazione iniziale superficiale e non supportata da un’adeguata formazione.

Come è emerso dagli articoli da me selezionati per la stesura di questo elaborato, prendersi cura del paziente a rischio suicidario richiede al personale infermieristico particolari capacità, molte delle quali ahimè si basano ancora sull’esperienza e sull’intuito personale piuttosto che su una formazione specifica.

Bibliografia 

  1. Martinengo L, Van Galen L, Lum E, Kowalski M, (2019) Subramaniam M, Car J. Suicide prevention and depression apps' suicide risk assessment and management: a systematic assessment of adherence to clinical guidelines. BMC Med. 2019 Dec 19;17(1):231. doi: 10.1186/s12916-019-1461-z. PMID: 31852455; PMCID: PMC6921471 (link)
  2. Hunt IM, Bickley H, Windfuhr K,Shaw J, Appleby L, Kapur N (2013) Suicide in recently admitted psychiatric in-patients: a case-control study. J Affect Disord (link)
  3. Giusti, E., Bruni, F., & Pompili, M. (2009). Rischio suicidio. Prevenzione e trattamento integrato nelle relazioni d’aiuto. Sovera Edizioni.
  4. Ghirardini, A., Andrioli Stagno, R., Cardone, R., Ciampalini, S., Leomporra, G., Murolo, G., & Seraschi, C. (2009). Procedura Aziendale per la prevenzione del suicidio in Ospedale. Regione Veneto-Azienda ULSS 18 Rovigo.
  5. Vandewalle J, Van Bos L, Goossens P, Beeckman D, Van Hecke A, Deproost E, Verhaeghe S. (2020). The perspectives of adults with suicidal ideation and behaviour regarding their interactions with nurses in mental health and emergency services: A systematic review. Int J Nurs Stud. 2020 Oct;110:103692. Epub 2020 Jun 20. PMID: 32682109. (link)
  6. Hagen, J., Knizek, B. L., & Hjelmeland, H. (2017). Mental Health Nurses’ Experiences of Caring for Suicidal Patients in Psychiatric Wards: An Emotional Endeavor. Archives of Psychiatric Nursing (link)
  7. Michaud L, Dorogi Y, Gilbert S, Bourquin C. (2021) Patient perspectives on an intervention after suicide attempt: The need for patient centred and individualized care. PLoS One. 2021 Feb 19;16(2):e0247393. doi: 10.1371/journal.pone.0247393. PMID: 33606825; PMCID: PMC7894894 (link)
  8. Clua-García R, Casanova-Garrigós G, Moreno-Poyato AR. Suicide care from the nursing perspective: A meta-synthesis of qualitative studies. J Adv Nurs. 2021 Jul;77(7):2995-3007. doi: 10.1111/jan.14789. Epub 2021 Feb 16. PMID (link)

 

Foto di Goran Horvat da Pixabay