La diffusione di massa dei social ha portato ad un fenomeno chiamato cyberbullismo, che se a qualcuno può far sorridere, diventa un dramma per quei genitori i cui figli fanno azioni estreme.
La scelta più spontanea di alcuni genitori è negare ai figli l'accesso ai social ma il non conoscere non offre opportunità di difesa anzi le toglie...nel web però le responsabilità sono precise.
Il bullismo, il nonnismo, il mobbing ci sono sembre stati in forme più o meno manifeste, diventano drammatiche quando sono supportate e favorite da chi ha un ruolo superiore.
Oggi è storia, ma molti giovani che entravano nel servizio di leva si suicidavano a causa delle vessazioni subite, da chi a sua volta le aveva subite, e trovava giusto farle subire, perchè questo gli dava dei vantaggi agli occhi del superiore.
I bulletti del paese che si sentono forti insieme e arrivano a molestie continue se non a violenza fisica, sono storie drammatiche, reali tangibili che vediamo e che cerchiamo di combattere e per intervenire a volte basta il richiamo al buon senso al comprendere che si sta esagerando ed è ora di fermarsi.
Come fa il social a causare danni nel mondo reale?
Se ieri c'erano i forum, dovevi accendere il PC, aspettare l'avvio di windows, poi cercare la pagina e l'argomento, capire come confrontarti, oggi è tutto più rapido.
Il social ce lo portiamo dietro h24, 7 giorni su 7, tanto che una buona parte dell'identità del giovane si forma sui social, è tramite i social che i ragazzi comunicano e interagiscono per la maggior parte del loro tempo a differenza di qualche decennio fa quando i rapporti tra i giovani erano più diretti e personali,
Una volta i genitori si lamentavano perchè vedevano i figli davanti alla televisione, ma almeno sapevano che erano lì, adesso sono a pc o smatphone collegati a più social ma non sanno dove sono e che esperienze fanno o in che cosa si identificano.
Quando l'adolescente integra la propria vita reale con i social e si fa trasportare, se sono impreparati i bulli del paese spazio per agire.
Come genitori cosa si può fare?
Negare facebook è sbagliato, per un motivo semplice: il bambino che diventa adolescente entrerà il quel mondo più tardi, impreparato ed incapace di confrontarsi con i coetanei.
Una soluzione è usare facebook ed i social insieme, scoprire insieme le funzionalità e confrontarsi per capire cosa vogliono dire le altre persone quando scrivono e cosa più importante offrire il proprio supporto.
Il cyberbullismo è diffuso?
Chi analizza e misura il problema dice di si, in Italia arriviamo sempre dopo, ma i casi di adolescenti che sentiamo dai TG ci dicono che c'è ed è un fenomeno importante, wikipedia, riporta:
Cyberbullismo
Il cyberbullismo o ciberbullismo (ossia «bullismo online») è il termine che indica un tipo di attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico attuato mediante la rete.
Il termine cyberbullying è stato coniato dall'insegnante canadese Bill Belsey[1]. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment ("cybermolestia") che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne[2]. Tuttavia nell'uso corrente cyber-bullismo viene utilizzato indifferentemente per entrambi i casi. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e del Codice penale e, per quanto riguarda l'ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003).
Oggi il 34% del bullismo è online, in chat, quest'ultimo viene definito cyberbullismo. Pur presentandosi in forma diversa, anche quello su internet è bullismo: far circolare delle foto spiacevoli o inviare mail contenenti materiale offensivo può costituire un danno psicologico. In Inghilterra, più di 1 ragazzo su 4, tra gli 11 e i 19, anni è stato minacciato da un bullo via e-mail o sms. In Italia, secondo l’Indagine nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza pubblicata nel 2011 [fonte: Eurispes, Telefono Azzurro, 2011] un quinto dei ragazzi ha trovato in Internet informazioni false sul proprio conto: “raramente” (12,9%), “qualche volta” (5,6%) o “spesso” (1,5%). Con minore frequenza si registrano casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi, ricevuti “raramente”, “qualche volta” o “spesso” dal 4,3% del campione; analoga percentuale (4,7%) si registra anche per le situazioni di esclusione intenzionale da gruppi on-line.[senza fonte]
Come riconoscere il bullismo nel web?
Difficile perchè ce ne sono di tanti tipi:
Tipi di cyberbullismo
Categorie di cyberbullismo:[5]
- Flaming: messaggi online violenti e volgari (vedi "flame") mirati a suscitare battaglie verbali in un forum.
- Molestie (harassment): spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno.
- Denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, gruppi su social network, etc.
- Sostituzione di persona ("impersonation"): farsi passare per un'altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili.
- Inganno: (trickery); ottenere la fiducia di qualcuno con l'inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici.
- Esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per provocare in essa un sentimento di emarginazione.
- Cyber-persecuzione ("cyberstalking"): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura.
- Doxing: diffusione pubblica via internet di dati personali e sensibili.
- Minacce di morte
Tratto da wikipedia:https://it.wikipedia.org/wiki/Cyberbullismo
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Qual'è il modo per riconoscere il bullo in azione?
Quando il bullo si rivolge direttamente con molestie e le minacce di morte, inganno e furto di identità l'azione violenta è palese, ma chi mette in pratica queste azioni non vuole farsi riconoscere per quello che è, usa tecniche con fraintendimenti, coinvolge terzi per portarli ad agire e scrivere o fare quello che stava progettando, complici spesso ignari delle vere intenzioni dietro la regia aggressiva.
La regola è semplice quasi banale, tutti i tipi di cyberbullismo che non sono azioni dirette 1 a 1 anche prendendoli nella loro descrizione semplice hanno un denominatore comune, alla fine escono dalla discussione di argomenti ipotetici e si rivolgono ad una persona reale con nome e cognome oppure mostrandone la foto.
L'elenco di wikipedia riporta due esempi che ripeto:
Flaming: messaggi online violenti e volgari (vedi "flame") mirati a suscitare battaglie verbali in un forum.
Denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, gruppi su social network, etc.
L'azione tipica dei due tipi di cyberbullismo ha un modello che si ripete, il singolo che entra nel gruppo si porta dietro gli amici, virtuali o reali e inizia una discussione, apparentemente innocua, ma a un certo punto se non all'inizio si dice nome e cognome di un soggetto che diventa il centro della discussione, si esce da un contesto generale e si entra nel personale, spesso la linea di attacco è celata strategicamente da post e commenti che hanno solo un mix di luoghi comuni, con lo scopo preciso di "diluire" o celare l'aggressione.
Facciamo un ipotesi che può capitare a tutti
Uno inizia una discussione fa attacchi palesi con nome e cognome.
Se si tratta di un adolescente, come genitori possiamo intervenire solo se ce lo dice, quindi se abbiamo iniziato il confronto con nostro figlio/a da quando era alle elementari abbiamo gioco facile per aiutarlo a difendersi, altrimenti se siamo esclusi e non abbiamo un dialogo aperto e attento ai problemi non riusciamo a trasmettere l'idea che chiedere aiuto non è un insulto all'intelligenza di nessuno.
Come possiamo agire legalmente?
I passaggi sono semplici:
ci si segna i nominativi degli amministratori,
si documenta la discussione offensiva,
si segnala il post all'amministratore/i del forum o gruppo,
si attende la sua decisione che deve essere celere, almeno entro 48 ore.
Le risposte possono essere molto diverse:
L'amministratore ti da ragione e rimuove il post e se ne riconosce un azione volontaria banna l'autore del post, la situazione è chiusa.
L'amministratore ti da ragione, chiude la discussione e lascia il post in vista nel web, l'effetto lesivo prosegue e si ha diritto di rivolgersi ad un legale soprattutto se l'adolescente si identifica in quel gruppo.
L'amministrazione del forum/gruppo non ti da ragione e lascia la discussione e i post, se poi insisti ti cancella o ti banna, in questo caso l'unica via è quella legale verso l'ammistratore.
E un azione verso il social?
Non credo sia possibile, ci hanno già pensato, spesso esiste la possibilità di eliminare un post ma è una finta di solito consite in un non vedere il post che resta per gli altri o per chi ha già iniziato una discussione ed in un certo senso ha uno spazio segreto per continuare.
I riferimenti per azioni legali si trovano sul sito giurisprudenzapenale.com (LINK).
La sentenza in oggetto evidenzia che l'intervento dell'amministratore a rimuovere la causa dell'offesa in tempi ragionevoli è sufficente al non coinvolgimento.
Da amministratore di forum confermo che non si può riuscire a controllare tutti i post, ma quando viene segnalato un post offesnsivo lo si deve valutare e spesso si è a favore della rimozione perchè è difficile da parte di chi modera sapere quali sono i principi che innescano un processo di offesa e non è intenzione degli amministratori e moderatori di gruppi favorire comportamenti illegali. Anzi obiettivo di forum e gruppi è favorire la discussione costruttiva.
E per i gruppi delle messaggistiche?
Spesso sono un ambiente riservato degli adolescenti ed il problema è che se si scrive come si parla l'effetto di cyberbullismo arriva anche se il gruppo non lo percepisce basta che lo percepisca la persona a cui si rivolge.
Un esempio che mi è capitato di osservare recentemente, un gruppo di adolescenti usava whatsapp per la scuola ha iniziato ad usare un linguaggio gergale, parlato, uno se l'è presa ed è andato dai carabinieri e sono scattate le indagini per minacce.
Può far sorridere se non fosse drammatico, che non c'era solidarietà con la vittima, anzi non la si riconosceva come tale dato che il processo psicologico che l'aveva portato ad essere vittima era un vissuto interiore solitario, perchè non tutti leggiamo e percepiamo le cose allo stesso modo.
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