Questo è un estratto del percorso assistenziale pubblicato sul BUR dell'Emilia Romagna, il documento sulla Sclerosi Multipla (SM) è molto completo e da un idea della complessità e delicatezza della malattia inatti un primo aspetto è la comunicazione della malattia, pubblicato pochi giorni fa, il 14 agosto 2015.
Il documento parte dalla diagnosi differenziale e mette in evidenza anche che ci sono molte malattie che possono essere confuse per SM ad esempio:
Condizioni che possono essere confuse con SM
· Vascolari: vasculiti cerebrali con lesioni multifocali cerebrali, fistole artero-venose spinali o che possono causare paraparesi
· Infettive: HTLV1, sifilide, neuroborreliosi ecc.
· Neoplastiche: sindromi paraneoplastiche (sindromi atassiche, encefalite limbica)
· Autoimmuni sistemiche: LES, sindrome da anticorpi antifosfolipidi, sindrome di Sjogren
· Metaboliche: leucodistrofie dell’adulto, tipo adrenoleucodistrofia
· Malattie demielinizzanti idiopatiche (a decorso generalmente monofasico): encefalomielti acute disseminate, mielite traversa
· Nutrizionali: carenza di vitamina B12 e sindromi da malassorbimento · Sarcoidosi
· Neuromielite Ottica di Devic
· CADASIL
· Malattia di Leber
· Altro...
Ma una volta definita la diagnosi sulla comunicazione della malattia il BUR riporta:
Comunicazione della diagnosi
La comunicazione della diagnosi di malattia è un atto medico fondamentale, particolarmente difficile e complesso, affidato al neurologo del Centro SM.
Ricevere una diagnosi di SM, per una persona il più delle volte molto giovane, spesso all’inizio o nel pieno della propria vita affettiva e lavorativa, è sempre un momento di grande impatto emotivo. Decidere di sposarsi, pensare alla maternità o alla paternità, progettare una carriera, mantenere le relazioni sociali, appare improvvisamente diverso, complicato, incerto.
La comunicazione della diagnosi è un evento estremamente delicato, che condizionerà il futuro rapporto del paziente con la malattia e la futura relazione medico-paziente. Com’è noto, la SM è una malattia cronica che inizia nel giovane adulto, spesso disabilitante, talora benigna, comunque variabile e imprevedibile.
La diagnosi di SM spesso non è immediata, ma può richiedere passaggi successivi nel tempo. Per questi motivi il neurologo del Centro SM, quando si trova di fronte ad una diagnosi di SM, si pone diverse domande:
Deve comunicare la diagnosi?
Quando?
Perché?
Quanto?
Come?
Le modalità di comunicazione della diagnosi “Quando” la persona dovrebbe conoscere la propria diagnosi?
Oggi i neurologi ritengono che sia giusto comunicare la diagnosi di SM appena questa sia confermata, ma, in generale, non al primo sospetto, in quanto vanno escluse possibili altre cause. Come dimostrato da alcuni studi, anche le persone con SM hanno opinioni simili. Un’indagine del 1998 ha messo in evidenza che il 78% delle persone avrebbe voluto conoscere la diagnosi appena essa fosse stata accertata (cosa che evidentemente non è avvenuta), anche se il 62% di loro ha riferito di aver sviluppato sintomi depressivi dopo aver saputo di avere la SM. Una persona con SM ha affermato, sull’argomento: “(…) Il medico deve comunicare subito la diagnosi, con umanità e rispetto nei confronti dell’individuo”.
“Perché ” è meglio che la persona conosca subito la propria diagnosi?
Perché un buon rapporto medico-paziente si fonda su fiducia e rispetto reciproci ed è necessario per instaurare una buona alleanza terapeutica. Se la persona non fosse consapevole della propria condizione non sarebbe possibile instaurare una terapia specifica. Oggi che, a differenza del passato, esiste la possibilità di modificare il decorso della malattia con terapie assunte precocemente, il medico è fortemente motivato nel comunicare la diagnosi alla persona interessata.
Perché per qualcuno forse sarebbe meglio non sapere subito di avere la SM?
E’ stato dimostrato che il sapere di avere la SM peggiora notevolmente la propria “qualità di vita” (la percezione dell’insieme del proprio benessere fisico, psicologico e sociale), in maniera equivalente a quanto potrebbe peggiorarla la presenza di una moderata disabilità fisica. Ci sono inoltre casi in cui è necessaria molta cautela nello svelare una diagnosi di SM, per esempio a persone minorenni, oppure instabili emotivamente, o infine prive di una rete di supporto familiare o affettivo.
Il medico deve essere in grado di valutare le caratteristiche della persona che ha di fronte prima di “scegliere le parole adatte”.
“Quanto” è giusto sapere?
La persona neo-diagnosticata dovrebbe arrivare a sapere tutto ciò che le è utile per prendere coscienza della malattia, riorganizzare e adattare la propria vita e prendere decisioni adeguate riguardo al proprio futuro.
“Come” andrebbe comunicata la diagnosi?
Oggi i medici sono d’accordo nell’evitare eufemismi (“malattia demielinizzante”, “infiammazione del sistema nervoso centrale”) e nell’usare subito il termine “sclerosi multipla”. Questo termine dovrebbe essere accompagnato da spiegazioni su che cosa sia realmente la malattia (non necessariamente grave, non mortale, talvolta benigna, non guaribile, ma trattabile con nuovi farmaci efficaci e infine, una malattia per la quale la ricerca scientifica promette molto); un’informazione chiara, franca e realistica.
Le parole del medico devono includere un sentimento d’incoraggiamento e di speranza, ma egli non deve sottovalutare l’intelligenza della persona che ha di fronte, minimizzando eccessivamente la “serietà” di una malattia come la SM. E’ molto importante che la diagnosi venga comunicata da un medico esperto nel campo della SM, in grado di spiegare al meglio tutte le caratteristiche della malattia. La diagnosi va comunicata direttamente alla persona, accompagnata o meno da persone per lei significative, che possano fornire un supporto emotivo e aiutarla a comprendere meglio le spiegazioni del medico.
Tuttavia, alcuni pazienti preferiscono essere da soli e il neurologo deve rispettare tale scelta.
Tratto dal BUR emilia romagna n. 217 del 14.08.2015 (Parte Seconda)