
Perché l’infermiere non è professionista? - Andrea Bottega Infermiere Vicenza - Segretario Nazionale Nursind
L’attuale condizione degli infermieri è per lo più caratterizzata da situazioni di demansionamento, deprofessionalizzazione, decapitalizzazione, carenza di organici e impossibilità di adempiere pienamente al proprio mandato professionale (assistenza personalizzata).
Tale situazione è il risultato di una riforma che nella pratica non sia mai realizzata. Stabilita per legge, in questi 20 anni, non si è riusciti a realizzarla nell’organizzazione del lavoro.
L’infermiere è il grande incompiuto.
L’infermiere delle norme è l’infermiere che non c’è…
Negli anni novanta la comunità professionale e il legislatore hanno ridefinito la professione infermieristica aggiornandone compiti, ruolo e mandato. Si è stabilito un ambito autonomo di responsabilità, un percorso universitario per la formazione e si è puntato su un infermiere generalista, impiegabile in qualsiasi ambito organizzativo dalla pediatria alla geriatria, dall’ospedale al territorio, dalla sala operatoria alla psichiatria.
Autonomia responsabilità e formazione universitaria non sono stati sufficienti per superare un’organizzazione del lavoro mansionariale e per compiti. Di fatto il medicocentrismo nella struttura ospedaliera e in sanità non è stato superato.
La divisione tra dirigenza e comparto ha accentuato la divisione tra le professioni sanitarie e quella medica.
La forza della categoria anziché essere impiegata per modificare l’organizzazione del lavoro e far diventare l’infermiere un vero professionista è stata utilizzata per portare avanti l’apicalità della professione (dirigenza e docenza universitaria).
La malattia di cui oggi è affetta la professione è la disperazione che è una malattia mortale.
Una malattia, come direbbe Kiekegaard, dell’io, di rapporto con se stessi, con la propria identità. Questo non essere sé stessi scaturisce dalla mancata realizzazione del proprio mandato, da ciò che l’infermiere dovrebbe essere e l’impossibilità di esserlo. Le recenti variazioni normative non contribuiscono a chiarire verso quale strada si sta andando nella costruzione dell’infermiere futuro. Anzi, rischiano di aumentare qual disorientamento che è concausa della disperazione della categoria.
Salviamo il nostro SSN: la necessità di un approccio multiprofessionale – Nino Cartabellotta Medico Bologna – Presidente Fondazione GIMBE
In condizioni di crisi economica la sostenibilità di un sistema sanitario può essere garantita ottenendo migliori risultati dalle risorse investite.
Considerato che la politica ha effettuato solo tagli lineari, la vera sfida consiste nell’identificare tutti gli sprechi che aumentano i costi dell’assistenza, senza produrre benefici per cittadini e pazienti.
Un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico è una conquista sociale irrinunciabile per l’eguaglianza di tutte le persone, ma la sua sostenibilità richiede un riallineamento degli interessi, spesso conflittuali, di tutte le categorie di stakeholders del pianeta salute mettendo al centro il vero obiettivo del SSN. Per questo la Fondazione GIMBE ha lanciato il progetto Salviamo il Nostro SSN e “declinato” l’articolo 32 della Costituzione nella Carta GIMBE per la Tutela della Salute e del Benessere dei Cittadini Italiani che, analizzando in maniera sistematica il tema della sostenibilità della Sanità pubblica, ribadisce la necessità di rimettere al centro del SSN la salute delle persone.
Il rischio della professione - Francesco Falli Infermiere Specialista (area critica, legale e forense)
Responsabile settore trasversale Struttura professioni sanitarie ASL 5 la Spezia - Presidente Collegio IPASVI la Spezia - Professore a contratto Università Genova
Gli Infermieri italiani sono rimasti travolti dalla spending review, sia sul fronte del numero assoluto dei professionisti in servizio, sia sul fronte del blocco del ricambio generazionale.
Sono infatti diminuiti, in molte strutture sanitarie pubbliche e private, i numeri relativi agli Infermieri in servizio attivo, e si è alzata la loro età media.
Non sono invece diminuite le attività, si sono anzi aperti nuovi servizi quasi ovunque, e sono aumentati i carichi di lavoro anche burocratici;
il risultato è un tempo di lavoro sempre più fitto, denso di scadenze e ricco di attività complesse, al punto di rendere le giornate frenetiche e poco attente alla reale qualità delle prestazioni rese.
Parlare di slow nursing può aiutare a comprendere come il tempo rappresenti sempre un bene primario, una vera e concreta ricchezza; sia esso il tempo del riposo e dello svago, oppure quello del lavoro, della azione assistenziale in questo caso.
Proprio perché di questa azione è completamente responsabile l'Infermiere, sulla base delle norme in essere (DM 739/1994 su tutte), è bene che questo professionista riprenda il 'suo' tempo, acquistando quella consapevolezza di come una migliore gestione del proprio tempo di lavoro, scandito dalla personale pianificazione e non da secolari abitudini- talora pericolose, se non vietate- costituisca una crescita professionale, personale, ed un vantaggio per il malato.
Il concetto, più sintetico, è questo: l'Infermiere , anche ai fini della sicurezza delle cure prestate, deve lavorare meno e meglio.
Come può essere possibile questo? Prima di tutto, analizzando con lucidità il proprio impegno quotidiano:
preferibilmente affidando a un osservatore esterno questa raccolta dati.
Poi, confrontando le attività svolte con una specie di scala di priorità, per evidenziare quelle che andavano fatte in quel momento, quelle da farsi prima, quelle da farsi dopo e quelle da non farsi assolutamente perché improprie, non di competenza, da escludere.
I risultati saranno sorprendenti in molte realtà:
nel corso della relazione mostreremo alcuni dati ancora in fase di elaborazione ma di assoluto interesse.
Certamente questa non è la ricetta per risolvere i problemi del nursing italiano ma la consapevolezza del maggior controllo sulle attività erogate, anche in termini di sicurezza , rischio clinico, prevenzione dell'errore assistenziale, porterà effetti benefici su ogni componente dell'equipe, e soprattutto sugli assistiti.
Tre abstract che come quelli di tutti i colleghi analizzano le tante sfumature di una crisi non dichiarata, ma dalla quale è necessario uscire.
Un enorme grazie a Luciano Urbani per l'autorizzazione al reprint, utti gli abstract e i video si possono leggere dal sito inferweb.net http://www.inferweb.net/Slow%20Vasto.htm